Per l’ambiente ed il sociale
Associazione, che utilizza le attività subacquee come strumento di conoscenza ed intervento per la promozione e la salvaguardia dell'ambiente mare. Corsi di formazione per il conseguimento di brevetto internazionale. Immersioni guidate nei luoghi di maggiore interesse biologico della costa tirrenica cosentina.

Attività 2008
Avvio dei nuovi corsi di specializzazione subacquea e tante attività sociali per vivere insieme il mare. Partecipa anche tu, contattaci!.

Certificazioni
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News-Racconti-Opinioni

Questo spazio, è volutamente concepito come interfaccia tra la nostra Associazione, i nostri soci e tutti gli appassionati di “SUBACQUEA”, comunque sostenitori dell'ASSOCIAZIONISMO.

Descrivi la tua realtà, la tua esperienza.

2008

Le prefazioni sono a cura di Lucio Meldolesi.

Il settimo anno

Mi tocca, dicono, perchè sono il …Presidente.

Mi è stato chiesto di tracciare, di riassumere insomma, le attività fin qui svolte dalla nostra associazione al termine del settimo anno dalla sua fondazione e, non riuscendo a dir di no a tanta cortese insistenza lo faccio per… costrizione. Chi mi conosce, ed i promotori di tanta richiesta sono fra questi, sa che per carattere sono restio, quasi reticente se si tratta di incensare, far squillare le trombe, far rullare i tamburi sulle nostre iniziative che lungi dall’esser fini a se stesse o usate come strumento di promozione della bravura dell’ ideatore o degli esecutori, devono essere invece, ritengo, l’espressione di come passione e capacità producano spesso, non sempre purtroppo, iniziative, idee, progetti di pubblico interesse o di pubblica utilità. Per i soci o/e per il territorio.

Quindi, per l’appunto, andatevi a leggere… la home, Chi siamo, Attività, ecc.. Le pagine del sito per capirci, tanto basta.

Quel che mai basta invece, è Il personale ringraziamento a quanti, sopportando la mia maniacale ossessione per le “cose di mare e di subacquea” mi hanno supportato anche con logistiche ridotte e giocoforza “faticose” che in alcuni periodi e per oggettive limitazioni erano le uniche possibili.

Un ringraziamento a tutti quanti gli altri, un po’ artefici ed un po’ utenti della “nostra storia scritta sull’ acqua o…sottacqua” .

Ritengo che insieme, in questi sette anni, pur coi limiti imposti dalla umana natura, il nostro mare sia stato vissuto da quanti a noi fiduciosi si sono rivolti, come straordinaria palestra per le attività subacquee ambientali e…scuola di vita, perché il mare e la subacquea, questo sono.

Mi si chiede anche di fare delle previsioni, di indicare attraverso queste pagine su quali orizzonti saremo impegnati, su quanti obiettivi dovremo indirizzare la tenacia e l’impegno tipici dell’associazionismo.

Tante sono le opportunità, tante altre se ne possono creare, sarà la nostra passione, sarà l’amore per il mare, per l’uomo e per l’ambiente, insieme alla tenacia ed al tempo che riusciremo a dedicare al nostro sodalizio che determinerà il tutto, il futuro di Sub Aqua e delle attività che la vedranno impegnata.

Semplicemente, saremo ciò che desideriamo, lo saremo nella subacquea, ed io spero e mi auguro, anche nella vita.

Un affettuoso abbraccio per tutti.

...ritorna all'indice delle news

Onde gravide e neoprene

Accompagnare in mare un gruppo di sommozzatori dà ad un neofita come Francesco, l'opportunità di raccontare in modo gradevolmente ironico quel che ogni giorno avvezzi e incuranti, viviamo per mare.

Non sono cresciuto tra quei fortunati che considerano cosa usuale la scia che s’allarga alle spalle di un motoscafo in movimento e, nonostante sia da molti etichettato come un montanaro, non ho mai considerato la possibilità di vedere le mie verdi gobbe preferite da una prospettiva possibile solo da qualche centinaio di metri a largo della distesa azzurra a zero metri d’altezza. Preciso questo perché qualche tempo fa, e per alcuni giorni consecutivi, ho avuto la fortuna di poter godere del mare e di tutte le visioni e visuali possibili dalla (e sotto la) sua superficie in maniera costante e (quasi) abituale. Costante perché altrimenti non si spiegherebbe la forma del mio sedere sul bordo biancastro del gommone cinese del mio amico Lucio e abituale perché nonostante la mia abissale (termine marino d’obbligo in questo caso) ignoranza riguardo alle “cose subacquee”, non ho mai sentito il peso di quella solitudine tipica a coloro che in un gruppo affiatato fanno il loro ingresso per la prima volta. Ovviamente non voglio indirizzare questo mio pensiero verso apologetiche considerazioni su quella che a tutti gli effetti ritengo essere una compagnia, circolo del quale è comunque necessario imparare l’alfabeto; tuttavia devo ammettere che, per quanto formato secondo uno statuto di club, mi sono trovato dinnanzi ad un gruppo affiatato che dell’esclusività non ha fatto scudo. “Abituale” è dunque un vocabolo che potrebbe calzare su quel tempo trascorso allo stesso modo di come potrebbe imprimersi sul comportamento di quanti compiono un’azione familiare, un movimento del quale non si sente il peso perché di esso si gode il piacere e la padronanza. Per questo motivo potrei lasciare scorrere le mie dita su questa tastiera inanellando una serie di parole utili a ringraziare, concetti combinati dal sapore barocco che però istituirebbero nuovamente una distanza formale contraddicendo quanto di positivo intendo comunicare.

Allora a pesce scendo in quella che considero l’ossatura della mia percezione e vi parlo di relitti, scogliere, deserti e tamburi cangianti dall’azzurro splendore.

Innanzitutto i relitti: quello a largo dello specchio di mare antistante lo stadio “Tarsitano” è davvero interessante, tuttavia la sua importanza decade e declina in favore del relitto vero e proprio che, in questa zona trafficata di Tirreno, riaffiora e s’inabissa ripetutamente svariate volte al giorno. Sto parlando dello statuto che regola il comportamento di bagnanti, natanti, pescanti e scaricanti in quello che fu l’utero da cui “vergine nacque Venere”. Effettivamente la limpidezza dell’acqua quest’anno è stata messa a repentaglio in maniera vigorosa solo poche volte, tuttavia qualche escremento l’ho veduto galleggiare. I più puzzolenti sono quelli che arrivano a bordo degli acqua scooter che incuranti d’ogni legge (soprattutto quella di gravità), derapano insolenti a pochi metri dalla riva. Le scie olezzanti di costoro si ripercuotono sulla curiosità dei bagnanti che, impauriti, restano a nuotare tra le pieghe delle onde facili che si riversano sulla battigia. Il danno esistenziale di chi solo di maschera e pinne vive è notevole e potrebbe comportare un annichilimento muscolare generazionale cui fronte dovranno fare i prossimi governi. Parlare poi della bellezza dei fondali è divenuto anacronistico: grazie alla pesca a strascico tutto il mare è lo stesso. Le dune polverose del fondo hanno assunto i connotati di quello che in grafica è nominato “pattern”, ovvero un particolare che ripetuto all’infinito crea facilmente uno sfondo. Questa parte di Tirreno è un pattern che levigato dalle reti si ripete in continuazione favorendo una sonnolenza che per il sub o il nuotatore potrebbe rivelarsi fatale. Riepilogando: il vero relitto è proprio il mare.

Capitolo scogliere: quella antistante la rotonda di San Lucido è davvero particolare perché pullula di vita e profuma al punto che per un momento ho creduto di fare un bagno negli anni ’60, che sono poi gli anni in cui sono nati i nostri attuali e rampanti amministratori, gente che senza batter ciglio ha autorizzato la disseminazione di nuovi lidi di cui il litorale ed il turismo, in tutta onestà, non avevano bisogno. Probabilmente, di questo passo, per far fronte alla crescente domanda di posti su cui piazzare futuri ombrelloni e sdraio, costoro inventeranno un nuovo sistema di posa rocciosa simile a quella dei pennelli (o “frangiflutti” o “bracci” o “T” – a seconda del grado di istruzione e della provenienza di chi di queste sofisticazioni umane parla), per creare nuovi spazi dove cepponici[1] esercenti di stabilimenti balneari potranno spadroneggiare facendosi beffe delle burrasche che, all’occorrenza, potrebbero rivelarsi delle utili alleate per eventuali richieste di risarcimento danni. Scogliere, massicciate e fortificazioni: quanta fantasia nella mente dei nostri amministratori; ricordiamo loro che i turchi saccheggiarono per l’ultima volta la costa paolana nel 1555. Per difendersi dai nuovi saccheggiatori sarebbe il caso di aggiornare quelle strategie che, ferrovia a parte, si rivelano oggigiorno sterili per non dire d’aiuto al nemico. Questo è il tasto che da il la per l’argomento successivo, ovvero i deserti. Come detto in precedenza, la prospettiva garantita dalla distanza che il gommone permette di frapporre tra la riva ed il suo scafo è tale da mostrare particolari altrimenti invisibili. A parte il fondo patternizzato[2] a dovere (è un vero deserto sul quale sono attesi subtuareg[3] e cammellucci marini[4] ), ciò che sorprende l’osservatore è la totale mancanza di turismo nei ricoveri da bagnanti. Ore di passaggi in svariati momenti non hanno mai permesso di vedere cambiamenti. Ombrelloni e sdraio sempre in posa, come in una mastodontica vetrina, ma a parte qualche manichino nessun umano a popolarle. La fattezza di deserto è data per contrasto: nessuno si sognerebbe di notare un particolare tanto irrilevante in questo momento di crisi, se non foss’altro per il fatto che esistono delle pubblicità ingannevoli che vorrebbero proporre questo tratto di costa come il più bello di tutto il Tirreno, il trono ideale per una reginetta che secondo me, dopo essersi seduta, del suo deretano ha lasciato ben altro che la forma. Se si strombazzasse di meno, probabilmente il deserto apparirebbe meno tale e si rientrerebbe tranquillamente nelle percentuali nazionali. Pubblicizzare il nulla, oltre che stancante per la gola, è un reato nei confronti del tempo che passa.

Allora chiudo il mio intervento parlando dei tamburi cangianti dall’azzurro splendore.

Inguantati di neoprene i miei amici sono scesi sul fondo e la fortuna ha voluto che potessi assistere dall’alto alla loro immersione. Oltre alla bellezza dei movimenti che danzati si proiettavano verso la superficie, ciò che mi ha colpito sono state le bolle che fuoriuscivano dai loro erogatori; in principio padelle incapsulate che sul mio corpo s’infrangevano portandomi suoni e freschezza. Suoni perché urtandovi contro emettono davvero qualcosa di simile ad una piccola intonazione, cangiante a seconda della dimensione della bolla e della parte del corpo che contro di essa s’imprime, e freschezza perché dal fondo l’acqua meno insolazionata[5] grazie a loro sale regalando sensazioni sconosciute. Poi mi sono soffermato, sono anch’io sceso più in basso e da un angolo diverso ho letto nelle forme nuove fisionomie. Ora c’erano i siluri, più tardi sono venute le meduse. Ma più di tutte la forma che m’ha colpito e dalla quale non sono più riuscito a separarmi è stata quella dello spermatozoo. I miei amici respiravano e dal fondo salivano questi esseri di bolla, ultimi baluardi che ravvivano uno spazio altrimenti destinato all’estinzione. Onde gravide s’agitavano in superficie, dense di idee ed afflati vitali: che siano loro i paladini della resurrezione – non è dato saperlo – ma per chi come me galleggia è troppo piacevole sapere che dal fondo qualcosa si smuove e posso goderla, come se fosse un idromessaggio[6].

.

 

F.F.[7]


 

[1] Parola che si riferisce alle fronzute e rampanti schiere di operatori turistici che s’improvvisano esperti del settore

[2] Derivazione dallo slang delle tipografie che si riferisce al massiccio uso del pattern

[3] Popolazioni subacquee di atlantideica origine. Il loro ruolo è quello di decompositori di suoli marini andati in malora

[4] Animali in via d’affermazione nelle acque territoriali italiane, si tratta di mutazioni del più celebre “cavalluccio” dovute alla benefica azione della Jolly Rosso combinata con quella dei liquami provenienti da depuratori non funzionanti

[5] Trattasi dell’acqua che ha subito un processo di riscaldamento determinato dall’intensità dell’esposizione alla luminosità non filtrata da alcuno schermo naturale a quello che è denominato l’astro di riferimento del sistema di pianeti nel quale la nostra Terra orbita. Per farla breve: il Sole.

[6] Gioco di parole che esplica il suo divertente significato solo se contrapposto alla parola “idromassaggio”

[7] Francesco Frangella – da non confondersi con Francesco Franco, Franco Franchi o Flavie Flament (Miss OK 1988)

San Francesco da Paola

Una splendida giornata per mare, una immersione di gruppo, riflessioni, commenti e... un ripassino sui fondamentali della sicurezza.
Un mesto tributo alla memoria di tanti, per non dimenticare.

(con la preziosa collaborazione di Francesco Cassano)

Paola : il Santo sul fondo.

E’ una splendida giornata di fine giugno, la “stanca di scirocco” dura da un paio di giorni, la superficie del mare è piatta come non si vedeva da mesi e la temperatura  estiva è un ulteriore incentivo al tuffo che ci apprestiamo a compiere.

La nostra associazione fa attività tutto l’anno, ed è straordinario come l’estate rinnovi emozioni sopite, dia colore e calore ai sorrisi, alle frasi, ai gesti sempre uguali ed attenti che precedono l’immersione.

Ci aspetta la statua in bronzo, raffigurante il Santo protettore della gente di mare, San Francesco di Paola, inabissato per iniziativa della nostra Amministrazione Comunale.
Sono insieme ad uomini e donne, amici con i quali condivido l’amore per il mare e per l’ambiente, c’è molta curiosità, alcuni di noi  “vecchi sommozzatori” ricordano le molte statue sparse per l’italica penisola, fra queste,  nella vicina Amantea, quella del Cristo posta negli anni 90” sulla sommità di una interessante formazione rocciosa denominata “ La limoncella” a -18 metri di profondità, che per l’inciviltà o la superficialità di “un utente del mare” , danneggiata e divelta, giace semisepolta sul fondo di fango a – 33 metri.

Pochi minuti di gommone, rapido ormeggio e… siamo in un acqua per niente fredda e piuttosto limpida, di un azzurro che diventa più intenso con l’aumentare della profondità, attimi pieni di aspettativa.

Ecco la statua, l’aspetto è austero, solenne, si addice alla figura del santo taumaturgo Paolano, strumento di Dio, che visse in povertà e di carità.
L’effetto scenografico è magnificato dalla brulla distesa piatta del fondo interrotta da chiazze di cimodocea nodosa, siamo a  -30 metri.
Un polpo di buona taglia ha deciso il suo domicilio sotto la base in cemento del manufatto, non sembra affatto contento della nostra visita, sicuramente infastidito dalle attenzioni che Francesco (un sommozzatore, non il Santo,) gli dedica. Dopo una decina di minuti torniamo su. Bella , di pregevole fattura, non c’e che dire.

Non c’è traccia della targa commemorativa che secondo quanto riportato dalla stampa era posta alla base della struttura:

“Alcuni uomini ed alcune donne hanno il coraggio di affrontare se stessi ed i propri limiti vivendo sensazioni che l’uomo comune non arriverà mai a pensare che possano esistere. A tutte le donne e gli uomini che amano le profondità del mare” Nessun richiamo al pensiero del Santo Paolano, anzi tutt’altro, nulla di sacro insomma, hanno deciso così.

Non so quanti di noi si riconoscono nella targa e con questa si identificano condividendone il contenuto, personalmente mi identifico solo con l’ultimo periodo che semplicemente, fa riferimento all’amore per le profondità del mare, concetto sobrio, splendido nella sua semplicità.

Il primo periodo, è su quello che non mi riconosco, è sicuramente una frase ad “effetto” prodotto tipico di una comunicazione massificata e decadente.
Sarà per questo che l’estensore non riuscendo a resistere, è caduto in tentazione?

Commettendo un peccatuccio, piccolo magari, per aver dato poca importanza all’essere, nel privilegiare l’apparire?

Noi diversamente riteniamo, che nelle attività subacquee, il richiamo iconograficamente romantico al “coraggio”, “all’affrontare se stessi ed i propri limiti”, all’ essere certamente diversi, quindi migliori, ed in questo contesto, anche più appagati, rispetto l’uomo  comune (qui inteso come valore negativo-sminuitivo) che: “non arriverà mai a pensare che possano esistere” –“quelle sensazioni vissute” , sia un concetto aberrante,  perché pericoloso.

E’ diseducativo.

È esattamente il concetto opposto che un istruttore, un sommozzatore di esperienza deve promuovere, in sintonia con la totalità delle didattiche subacquee.

La SUBACQUEA, quella che pratichiamo, è fatta da appassionati, uomini e donne “molto comuni”(inteso come valore positivo - rafforzativo).

Persone giudiziose, caute, attente e preparate, che mai penserebbero che per affrontare i propri limiti sia necessario il coraggio.

E’ al contrario, assolutamente necessaria la preparazione e la conoscenza, è in un contesto didattico e di sicurezza che si impara e si migliora.

Certamente, è con mestizia e affetto che mi unisco rispettosamente al ricordo delle persone scomparse, Affetto per coloro che ho conosciuto personalmente, come Fabio Coscarella, per il quale, penosamente, insieme alla Protezione Civile di Amantea, abbiamo condotto le ricerche ed individuato e recuperato il corpo.

Per il compianto Gegè Iannuzzi,  pluri campione di pesca sub, agonista illustre della Federazione dell’epoca e pioniere di questa attività, di cui ho appreso le gesta da quanti l’ hanno conosciuto.
Tristemente in memoria degli altri, tanti di cui ho saputo dalle cronache e dei quali non ricordo neppure i nomi, tanti, troppi da non poterli citare e ricordare tutti, uomini e donne che come noi amavano il mare e che una sfortunata coincidenza, una imprudenza e quant’altro non li ha fatti più tornare, prematuramente sottratti all’ affetto dei propri cari. In memoria dei marinai civili e militari di epoche e nazioni diverse le cui spoglie mortali hanno avuto nel mare l’ ultima e definitiva  dimora.

Per quelli come noi, che hanno avuto il mare negli occhi, il sale sulla pelle, il sorriso sulle labbra.

Concludo con una immagine-testo, una cosa da uomo comune, che pur non essendo indispensabile, aiuta molto.

Non è una immagine subacquea, ma come ben sanno i magister, la subacquea è un prodotto sinergico, molte “cose” che apparentemente con questa non hanno niente a che fare, in realtà contribuiscono a farla.

This is the dive, this is the life!

per mare:

Metto a nudo un po’ di quel cristallo di sale marino che ho al posto del cuore … sarà la vecchiaia? .

sento spesso qualcuno millantarne l’ amore, per tradirsi  poi, quando  dalle incredibili acque del Sudan, riemerge insoddisfatto  per non aver visto gli squali martello,  quando ritiene inutile ripetere nell’arco di un anno la stessa immersione, oppure, durante una traversata notturna in barca a vela, dopo una suggestiva immersione, discute dell’ultimo modello di cellulare, invece di godere l’incredibile volta stellata e la magia di un momento irripetibile.
I ritmi frenetici, imposti dalla nostra società ed i modelli che questa ci propone, mortificano e ghettizzano l’umana sensibilità, si perde la capacità di “fermarsi e pensare” di contemplare quello che ci offre la natura, d’immergersi  solo per “sentire l’acqua” per chiudere a volte gli occhi,  captarne i ritmi  e cogliere le sensazioni che questa sa donarci.
E’  necessaria una “simbiosi” con il mare, per  amarlo veramente, per iniziare a farne parte  svelandone i segreti.  
E’ questo sentimento sincero e profondo che mi dà ogni giorno la voglia di andare in mare e mi consente di riemergere soddisfatto..
Ricordo una frase del comandante J.  Cousteau, era giovane e su una spiaggia presso Tolone, provò per la prima volta una maschera subacquea artigianale.
Sistematala sul viso, la poggiò sulla superficie dell’acqua, sollevandola subito dopo impressionato, affascinato più che spaventato, da quello che aveva appena visto.
Rimase un attimo a osservare la costa: un treno passava sferragliando e sulla passeggiata, alcune persone erano sedute a prendere il primo sole del mattino, mentre altre erano impegnate nei lavori quotidiani,  “…e rimisi la testa sott’acqua e la civiltà scomparve con un ultimo inchino”.
E fin quando gli è stato concesso di vivere,  per tutta la vita,  sempre con appagante continuità, la testa sottacqua  ha continuato ad immergerla …ed in tutti i mari.
Mi auguro di poter continuare a farlo anch' io … sempre.

Lucius

La mia subaquea

Le emozioni percepite, sempre diverse, sostanzialmente uguali.
Un paradosso che tutti viviamo, nella subacquea, qualche volta nella vita.
Corrado, un compagno di immersione, un’ appassionato, da sempre con noi per mare.

Fin da bambino, dal balcone di casa, vedendo il mare  questa  immensa superficie blu, mi chiedevo guardando fin oltre l’orizzonte, come doveva apparire questo tratto di costa gli antichi  naviganti che si avventuravano lungo le rotte del “ mare nostrum”, l’unico allora conosciuto.  Con coraggio essi doppiavano il promontorio di Scilla credendo che lì,  sotto le loro navi, in agguato  nelle profondità dello stretto, un terribile mostro marino si sarebbe potuto avventare su di loro e con quanta inquietudine attendevano il vaticinio dell’oracolo di Capo Vaticano, l’unico in grado di predire il favore di Nettuno alla loro traversata.
Ho sempre fantasticato sul mare, sulla storia e le sue leggende, dove fantasia e realtà si fondono  ammaliatrici,  in uno scenario di straordinaria bellezza, affascinato dalle avventure omeriche di Ulisse, di sirene e ciclopi nelle grotte della costa, storie d’amore fra tritoni marini e ninfe, eroici e impavidi naviganti, mercanti greci, epici scontri navali tra Romani e Cartaginesi,  pirati saraceni, il tutto in un mare di rara trasparenza.
Questo affascinante sortilegio di spiagge luminose sferzate dal soffio avvolgente dello scirocco, dall’impetuoso libeccio, dagli spettacolari riflessi dei tramonti che spaccano il cielo in mille colori, dalle sfumature color cobalto del mare.
E così,  per chi, come me,  cresce di fronte a questo eterno movimento, si instaura una “corrispondenza d’ amorosi sensi”, un legame inscindibile che finisce per influenzare la vita stessa.
Ma più forte di noi è il richiamo del mare che sobilla i nostri sentimenti, i nostri spiriti liberi e tutto quello che di dolce e di selvaggio ognuno di noi ha represso in qualche angolo del corpo.
Andar per mare aiuta noi stessi a “sentirci uomini veri”in un mondo sempre più plagiato, dove l’uomo è sempre meno centro e, sempre più periferia di una società hitech.
Confrontarci con esso risveglia in ognuno di noi  quell’istinto primordiale ormai per troppi motivi accantonato e ci riporta indietro nel tempo e nello spazio.
A tal proposito mi viene in mente una frase di Francisco Ferreras (Pipin):
“Il mio corpo ed il mio spirito sono pronti,
 la mia mente è molto concetrata,
 vedo solo il mio obiettivo:
conquistare il grande blu..
vado!
I miei occhi si chiudono nell’istante in cui il mio viso tocca l’acqua..
Sto andando a visitare il Regno di Olokun.”
Ma non è di questo che voglio parlarvi, di grandi sfide, di immersioni profonde e di gesti eroici,
perché il mare non è solo questo, è soprattutto semplice conoscenza, dispensatore di grandi emozioni, per tutti, per me.
E’ un caldo pomeriggio di giugno, lasciamo la riva a bordo del gommone, sono seduto a prua,
il tepore dell’aria è mitigato dagli schizzi d’acqua che bagnano il mio viso, l’atmosfera è allegra, piena di relax, l’acqua di un blu di straordinaria bellezza e trasparenza.
Giunti a destinazione calo l’ancora ed entriamo in acqua che in superficie è sorprendentemente calda, adoro questi momenti che precedono l’immersione restando a mezz’acqua con il sole che mi riscalda e l’acqua che mi sostiene.
Controllo delle attrezzature e via giù nell’immenso blu.
Appena sotto il pelo dell’acqua lo spettacolo offerto dai raggi del sole che filtrano è sensazionale, guardo in giù e l’effetto visivo della cima dell’ancora che si perde nella profondità è da mozzare il fiato. L’acqua mi avvolge, non sento più frastuoni, la temperatura scende, sono i segnali che sono… in un altro mondo.

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2007

Le prefazioni sono a cura di Lucio Meldolesi.

SUB AQUA Diving Club è...nel mondo!

Siamo tra quelli, non pochi ormai e per fortuna (…fortuna?), che ritengono le attività subacquee di promozione ambientale, di conoscenza del mare e dei suoi organismi, anche una fantastica opportunità che favorisce ed incrementa il turismo subacqueo di qualità, promuovendo in questo contesto anche il territorio.

I nostri "punti mare" situati sul Tirreno cosentino, hanno accompagnato in immersione, in questi anni, subacquei provenienti da Germania, Francia, Belgio, U.S.A. ecc.

Tanti tornano a trovarci, a tutti diamo il meglio di noi stessi, con passione.

Certo che trovarci citati su: away.com Outside on line, la prestigiosa rivista on line di lingua inglese di viaggi e itinerari, riferimento per il nord America, rappresenta una piacevole "sorpresa". (L'itinerario è del 2005, ce ne siamo accorti a maggio 2007…perspicaci!)

Amy Marr, che della nostra Calabria, ha visitato i luoghi più suggestivi, frequentato le strutture più rinomate, ha inteso promuoverci, in questo itinerario, come centro di immersione, Questo, è lei ha dirlo, ha contribuito a cancellare lo “stereotipo storico” che evocava la nostra regione, come all'epoca della sua visita, per scherno, amava ricordarci (Immersione in grotta Isola di Dino) e sopratutto...non si tratta di pubblicità redazionale.

Intimi pensieri

Infiniti, sempre diversi i fondali marini, infinite le emozioni umane che questi suscitano, infinite le forme per rappresentarli, per comunicarli. Paolycia , li contestualizza nel periodo della vita che attraversa, una interiore e sentita descrizione.

Mi fermai sul ciglio della strada abbandonandomi a un sospiro profondo... che cosa dobbiamo fare quando gli altri ci esortano ad accontentarci di quello che siamo stati, accontentarci di continuare a vivere nel dolore di una perdita terribile,o di una lancinante delusione, o, peggio ancora, fermarci ad una vita piatta, ripetitiva e apparentemente vuota nei suoi valori.

Forse anche voi avete vissuto un momento del vostro curriculum vitae solo nell'ombra di una felicità svanita in un attimo appena... non c'era più una data che valesse il senso di essere ricordata su tutto il calendario, nessuna cifra che potesse valere i propri stessi contenuti, nessun santo che potesse portare il nome perenne di un giorno infinito..

ora c'è il mio log book...e non solo..

le mie scorribande lungo e sotto le tracce, di chi respirando l'aria nella materia dell'acqua marina, continua a mettersi in discussione, a non cercare più le emozioni e le sensazioni di falsi conigli tirati fuori da un convenzionale cappello magico, ma bensì cerca nuovi stimoli alla propria coscienza del vivere e conoscere sè stesso attraverso il mare: queste ora le mie fantastiche subamicizie che si presentano,vengono, vanno, tornano,crescono e decrescono come le maree, a salare e tingere di nuovi colori ciò che passa il convento.

La scienza occidentale si sta avvicinando a uno spontaneo paradigma di proporzioni senza precedenti, che trasformerà i nostri concetti sulla realtà e sulla natura umana, colmando il divario che c'è tra antica saggezza e scienza moderna, tra il materialismo frutto dell'occidente e la spiritualità seme dell'oriente.

La materia terra e l'elemento acqua, che rappresenta da sempre l'origine e la natura primordiale della vita.

L'irrequitezza dell'uomo nasce proprio dall'essenza stessa della materia di cui è fisicamente composto, già, la realtà è fondamentalmente vibrazione, movimento vorticoso, che solo al livello della nostra percezione si coagula e diventa materia. La materia vaga come un corso d'acqua ed è sfuggente e impalpabile come il vapore: è nomade.

Anche noi siamo fatti di particelle, gli atomi,

e come scrisse il premio Nobel per la fisica Niels Bohr, già nel 1922, "Quando si tratta di atomi possiamo utilizzare solo il linguaggio della poesia.

Anche al poeta non interessa tanto descrivere concetti, quanto creare e lasciar vivere immagini."

in base alla teoria quantistica noi esseri umani proviamo un gran piacere a muoverci, a circolare,a interagire... l'uomo che tende a seguire il ritmo vorticoso della materia, che non si adatta ai confini apparenti del proprio spazio, che sa progredire e uscire dai propri ristretti schemi mentali, quell'uomo insegue e persegue l'equilibrio consapevole della stabilità della sua essenza, che non può che venire dalla propria origine, la propria natura, a somiglianza dell'acqua.

L'acqua è in perenne trasformazione, si evolve, continua, scorre, diventa.

Per l'uomo il concetto più difficile da vivere è il proprio stesso limite, quell'unica dimensione che è capace di vivere, ma che non lo soddisfa, perchè sempre uguale, statica, ben definita nei propri stessi confini spazio temporali, neurocerebrali, troppo terreni...

E allora come accontentarsi dell'aria senza l'acqua da dove veniamo, l'unica madre che per quanto bisfrattata, ogni volta che torniamo con rispetto a riverirla non si nega mai e continua a svelarci inesauribili e fascinosi misteri di vita.

Una cosa così semplice come un rubinetto che perde,può generare una sequenza molecolare eternamente creativa, "ogni cosa è scaturita dall'acqua.ogni cosa si sosterrà con l'acqua."disse Ghoete.

La scienza è alla ricerca dei limiti della natura, il misticismo della sua illimitatezza, forse è per questo che continuamo a riprodurci, a cercare di trasmettere il nostro bagaglio di esperienze a colui che, in un'inesauribile catena di trasmissione, di generazione in generazione, lo renderà perenne.

Torno da Pozzuoli con il prezioso ricordo di un altro alito di vera passione.., nacque azzurro e profondo come il mare, ma libero come un'ala bianca l'ho sentito vivere dentro me, teso tra il mare e il cielo.

Sarà questa la voce che sto imparando ad ascoltare nella sacrale pace degli abissi marini?

Apparenti coincidenze mi rivelano che sto ricalcando le orme di chi segue la voce del cuore e persegue l'amore del mare..

già sono qui a comunicar con voi e vi dirò che non mi mancate affatto, miei numerosi amici sommozzatori dovunque voi siate.

Vi ho sentito blobbare in ogni bolla d'aria sottomarina, in ogni traccia lenticolare d'azoto passante per i miei tessuti,sopra o sotto,basta che sia mare.

voglio condividere la mia sub-gita a Baia e alla parete di Nisida.., ragazzi miei non posso raccontare ciò che la superficie sterile di una descrizione scritta non può trasmettere, ma sicuramente vi posso gettare, come reti in mare, le mie suggestive emozioni provate nelle tre immersioni del portus lucius,la villa dei pisoni e la parete di Nisida.

Nelle prime due il silenzio marino parla in latino, la storia si addormenta e con profondità esigue ci proietta nei tempi antichi...ehi badate all'assetto...

è stato proprio in questo frangente che ho scoperto che le immersioni, quelle meno profonde, richiedono più attenzione nell'assetto,padronanza nella pinneggiata,nell'intensità,nella scelta ponderata delle direzioni, specialmente quando in una guidata si è in tanti,

il fondale è ricco di detriti che sicuramente mal sollecitati inibiscono un gran tanto la visibilità, per non parlare del rischio di arrecar danno al patrimonio archeologico rilevato.

La villa dei pisoni è appena a sei metri e le alghe piumino vorranno teneramente ovattarvi il pinneggio...

credete.. sedersi sulle secolari poltrone sotto il mare è molto più che un'emozione..

quello che ho sentito tra le colonne in reticolato e in laterizio ben conservate,del portus lucius, e tra la poesia dei colori dei mosaici della villa dei pisoni, è stato qualcosa di nuovo, un sorso d'aria d'altri tempi, ero quasi commossa, mi sentivo al limite della storia, al limite di questo mondo, di cui io sento il fascino profondissimo.

Il passato per me ha sempre avuto qualcosa che mi tocca dentro, sento l'accumulo prezioso dell'esperienza umana, è come se ciò che abbiamo vissuto fosse l'unica cosa certa al mondo... poi ogni volta che mi immergo di nuovo ecco che il presente si prende la sua rivincita, e mi incita a scoprire,forse più ancora a guardare,forse ancora in misura maggiore ad ascoltare.

Continuo a incontrare persone e pesci e vegetali di eccezionale valore nelle mie peregrinazioni sottomarine e..

l'unica mia grande speranza è che tutti, sommozzatori e non, collaborino alla salvaguardia di tali patrimoni artistici, sia quelli frutto della mano dell'uomo protagonista della storia d'altri tempi, sia quelli espressione meravigliosa della natura.

Ora son di nuovo a Paola..in Calabria, è qui che torno spesso ad attingere dal ricco contenuto della tridacna del mio virtual sapere, è qui che esprimo l'istinto di conservazione e di evoluzione nella volontà di apprendere da un essere più esperto, da qualcuno che ha avuto modo e maniera di saperne e provarne di più, è importante seguire un percorso con un buon istruttore,

quel che più mi aggrada in un buon addestratore, non è tanto il sapere, ma quanto la sua esperienza ha maturato in passione e quanto possa esser generata una natural simbiosi,tra l'allievo che ha sete di sapere e il maestro che è in grado di trasmettere con gradualità e spontanea chiarezza il proprio"modus vivendi in mare".

Vedete la pratica della subacquea ha sicuramente giocato il ruolo di romeo nella mia storia di diver, ma ora sento crescere parallelo un bi-sogno, quello di tornar giulietta e dar alla teoria la sua inderogabile importanza.

Così penelope continuerà a tesser la sua tela anche di notte, nel senso che quando non sarà possibile espletar la divina passione di un'immersione, sarà il candido gesso di un istruttore attento e tutt'altro che noioso a far tornar giorno

sul nero della lavagna di un allievo storno..

ah..ah..

un ossibacio e un azotatoabbraccio..

...di Paola Ballerini.

2006

Le prefazioni sono a cura di Lucio Meldolesi.

Il coltello e altri strumenti da taglio.

Una descrizione dedicata ad un accessorio della nostra attrezzatura, solitamente poco ponderato dal subacqueo neofita, o poco valutato, da guide sub e istruttori operanti in molti divig, anche esteri, perché ritenuto di scarsa importanza e di improbabile uso.

Caratteristiche posizionamento e stimoli per la comparazione.

Per la trattazione di questo argomento, ritengo di dover andare per considerazioni e senza "pregiudiziali didattiche" (non me ne vogliano i Direttori Tecnici).

Il Coltello sub è degno di questo nome solo se è di buon acciaio (almeno AISI 316) di idoneo spessore (almeno 2:3 mm) ed ha una lama sufficientemente lunga e robusta (almeno16:18 cm), che prosegue all'interno del manico terminando nella classica "mazzetta". Avremo così uno strumento che per robustezza e lunghezza totale, lama + impugnatura 28 - 35 cm. è idoneo ad effettuare piccole leve. In pratica su un angolo di inclinazione di 45- 50 gradi tra base dell'oggetto e fondale (roccia) ci permette di sollevare da un lato un oggetto, magari una grossa pietra di 30-40 kg, di circa 2:3 cm - 4:5 cm, secondo la penetrazione di ingaggio, spazio sufficiente per liberare una cima d'ancora incattivita per l'azione del mare oppure una catena, di fare leva su una marra d'ancora penetrata sotto uno scoglio permettendoci di spedarla. Un coltello è anche dotato di punta, lama "liscia" dal filo tagliente, e di una contro lama seghettata sul dorso, con l'aggiunta di incavo taglia sagole e gira grilli universale. E' uno strumento capace di tagliare agevolmente cime fino ad un diametro di 30mm., segarne altre, sempre agevolmente, fino a mm 50-55 (i multi treccia per ancoraggio imbarcazioni) e sagole anche non in tensione, in nylon, dakron , ecc. Un brillante esempio di questa filosofia è stato realizzato da Morris Baroni, famoso coltellinaio: lo yellow knife, distribuito da Scubapro nel 1992, di cui conservo un esemplare. L'ideatore / costruttore garantiva per la sola punta una resistenza al carico in newton tale da Scardinare il fasciame di un gozzo in legno. Altre varianti sul tema con "qualcosa di diverso", sono il kriss della Mares, il Supertotem della cressi ecc,ecc., tutti, comunque, coltelli. Il coltello, per dimensione, tipologia del fodero e distanza/posizionamento delle cinghie va messo esclusivamente sull'interno coscia, poco importa se destra o sinistra e può essere facilmente raggiunto da entrambe le mani. Si pensi che il coltello sub, sempre quando è degno di questo nome, lungo quindi 27-35 cm è facilmente raggiungibile con lieve flessione del ginocchio o del tronco, se si coordinano entrambi i movimenti questi diventano appena percettibili, il manico infatti raggiunge o supera l'asse mediano della rotula.

In tempi relativamente recenti per rinvigorire le vendite, nasce:

Il coltellino sub o minicoltello - rivisitazione in tutte le salse dei minidaga da pescasub degli anni "70", molto più piccolo, inizialmente in esclusivi colori pastello, grazioso, i primi modelli erano anche privi di taglio e punta efficaci (per non intimorire l'utenza femminile?) era previsto, per lunghezza e posizionamento dei "cinturini", il porto al polpaccio, reso però problematico per la dimensione ridicola dello strumento (il manico si posizionava infatti molto al di sotto dell'articolazione inferiore della rotula).
Nell'evolversi, il coltellino inizia a tagliare, diventa anche "nero" (tutto quello che è nero o arancio o magari giallo è tecnico! Mmaah!), può avere il dorso seghettato, assomiglia, insomma, sempre di più allo strumento dal quale deriva, diverso solo nelle dimensioni, lunghezza e spessore, si mette all' avambraccio e da qualche anno ne è favorito il posizionamento al G.A.V. (spallacci o cinghie ventrali).
A dispetto della dimensione che lo rende meno efficace del coltello sub, la "ritrovata" qualità ne favorisce la diffusione tra i subacquei che spesso nelle poche immersioni effettuate durante l'anno non portavano nulla (nuovo mercato) e tra quelli che continuando a portare il coltello al polpaccio aggiungono il coltellino (ridondanza).

La tronchese - buona l'ergonomia di alcuni modelli, i più costosi e ben fatti, ovviamente, strumenti che hanno un ottima capacità di recidere cime e trecce, gli spessori di taglio dipendono esclusivamente dall' angolo di apertura delle lame.

La forbice - ha una limitata possibilità di taglio sugli spessori, recide quindi piccoli monofili da pesca e cimette (max 15 mm) può essere manovrata con una sola mano.

Il taglia sagole - è uno strumento fragile, in plastica, realizzato assemblando 2 semigusci per incollaggio o pressofusione su una lama tipo "lametta da rasoio", chiaramente molto più lunga, è lo strumento che taglia meglio le sagole e le cime in modo molto agevole fino a 20 mm di spessore, va cambiato spesso se si usa, la lama non è ripristinabile tranne che in un modello USA veramente bello, grande 25 cm. ma costoso (230 dollari USA) e non è di plastica.
È ovvio che il posizionamento di coltellino, forbice e taglia sagola non può che essere obbligatoriamente al gav, o in ultima analisi, avambracci e fruste HP.

Quale strumento può dare risposta a tutte le esigenze incontrabili in una immersione sportivo-ricreativa? E.dove lo metto?

Per il Mar Rosso il discorso è paradossale, necessiterebbe di un fermo intervento della totalità delle didattiche che attraverso i loro istruttori gestiscono alcuni diving egiziani e di molti istruttori che operano in Italia. Il divieto di portare il coltello, così come; fatto ancora più grave, il divieto di indossare guanti, ha la sua origine, nel primo caso, nella assoluta mancanza di sensibilità ambientale che molti di noi immergendosi nel ricco e variopinto mare hanno dimostrato, utilizzando criminalmente lo "strumento" per staccare ricordini o scioccamente per saggiare la consistenza di alcuni organismi marini, danneggiandoli. Nel secondo caso subacquei poco e male addestrati causavano alla barriera gli stessi danni, aggrappandosi "a tutto" e spesso "strappando" nell'incapacità di mantenere l'assetto o nell'impossibilità di gestire correnti marine comunque di lieve entità. La soluzione logica, quella di intervenire quindi sulla qualità della formazione e della promozione ambientale, unitamente ad una migliore supervisione e controllo del gruppo di immersione, essendo "costosa" per tempi e risorse umane, non è stata minimamente presa in considerazione, con i risultati che tutti conosciamo, riducendo quel luogo ad un supermarket dell'immersione, piuttosto che ad una stupenda occasione di formazione subacquea e di conoscenza ambientale.

Se continueranno ad utilizzare lo stesso metro di misura nel risolvere le criticità, vedremo sub senza pinne perché "sfangano" o senza gav perché "pallonano". Accade anche questo purtroppo.

Chiarezza sui relitti

Grande interesse suscitano nel subacqueo “evoluto” i relitti, non solo per le suggestive storie di immersione scritte oppure raccontate, arricchite di riferimenti storici, misteri e leggende e per le tante forme di vita marina che questi ospitano, ma una grande attenzione per la conservazione e la valorizzazione di queste microaree di interesse storico-biologico che i relitti ben conservati rappresentano.

Mi giungono da più parti , (soci, amici sommozzatori, appassionati di “cose di mare” o semplici curiosi che durante le loro scorribande in rete visitano il nostro sito web) stimoli per la trattazione di un argomento peraltro a me molto caro: i relitti.

Ritengo doveroso, a grandi linee, dividerli in due categorie, quelli che hanno una importanza storico-archeologica, disciplinati da un legge del nostro Stato, quindi protetti, e quelli “solamente” storici il cui affondamento per le cause più diverse, rientra in un accadimento temporale riconducibile in circa 100 anni.

Per i primi, quelli sotto tutela archeologica per intenderci, è superfluo soffermarci più di tanto, (sono “protetti”) ma essendo noi appassionati, i soggetti più interessati a divulgare la cultura del rispetto e la conoscenza delle normative di tutela e salvaguardia dei nostri beni archeologici subacquei, mi corre obbligo ribadire sinteticamente che: tutti gli oggetti che hanno un valore storico-archeologico sono di proprietà dello Stato, la legge a riguardo è molto severa e prevede anche l'arresto per chi si trovasse a detenere un reperto.

Nel caso di un ritrovamento fortuito, questo va subito segnalato tempestivamente alle Autorità competenti.

Personalmente aggiungo, che il reperto non andrebbe mai rimosso o spostato dal fondale, in quanto questo distruggerebbe il suo valore storico-archeologico; l’oggetto rinvenuto infatti, deve essere studiato e documentato in “situ” prima ancora di essere prelevato per la custodia, il restauro e l’ esposizione al pubblico presso un museo nazionale.

Per i secondi, che chiamerò relitti “recenti”, per molti considerati terra di nessuno, il discorso cambia.

In assenza di leggi si è assistito al proliferare di “predatori di souvenir” e qualcuno fra questi, magari di mia conoscenza, come mi ha comunicato per e-mail Claudio, ha diffuso volutamente la notizia di un recupero di ceramiche e strumenti di bordo per.protagonismo? .Mah!

Dobbiamo, e qui do verbo al mio pensiero, come subacquei o semplici appassionati, divulgare una realtà culturale che sempre di più deve affermarsi:
ogni relitto è un mondo a sè, un patrimonio storico spesso dimenticato e sopratutto meritevole di protezione, oltre che un santuario di rigogliosa vita marina capace di regalare emozioni sempre diverse.

È perciò necessario, che si mantenga intatto il più possibile, il carico, le suppellettili, le stoviglie e gli strumenti per la navigazione dell’epoca, unica testimonianza spesso, delle condizioni della vita a bordo, di usi e consuetudini marinare ed architettura navale altrimenti scarsamente documentate, ponendo le basi affinchè tutto ciò diventi un vero e proprio “ museo sommerso” della nostra recente storia.

Il fotografo subacqueo ed il video operatore, potranno così documentare e quindi diffondere compiutamente materiale a cui gli studiosi di storia della navigazione potranno attingere e dare corpo o meno a ipotesi storiche congetture ecc.

Purtroppo, e questo mi addolora, troveremo sempre qualcuno che per avere il proprio “ricordino” addurrà gli argomenti più disparati per giustificare un gesto dannoso, per fortuna e questo mi rende ottimista, a noi basta avere solo due motivi, i più importanti per non farlo: amare le persone, amare il mare.

Voglio infine utilizzare una frase che Aldo Cirillo, grande appassionato di mare e di subacquea, impegnato divulgatore in rete delle tematiche legate al mare, ama ripetere: “SOTT’ACQUA SIAMO OSPITI” e gli ospiti, aggiungo io, devono sapersi comportare.

Chi compete e...con chi

Può essere un maschietto o una femminuccia, ha nomi diversi, volti diversi, viene considerato come "quello del."oppure "uno dei ragazzi di." condizione condivisa con altri, molti, .tutti? È in estrema sintesi un modello socio comportamentale, semplice, rudimentale, per alcuni versi ed in alcuni ambienti anche funzionale. Conviene parlarne.

Lo spunto che da luogo a questa riflessione, questa volta non viene da una e mail, bensì dalle tipiche discussioni tardo serali, cui sempre più spesso non mi sottraggo.

Riteneva, il relatore di turno al "congresso.da bar", riportando neanche tanto sottilmente una serie di concetti da rabbonitore da fiera di paese, considerandoli certamente irritanti per me, che ci fosse una tenzone, una "gara", a suo dire "sentita" fra associazioni, magari anche subacquee, gara che in questo caso ci vedeva.secondi. Mi è già capitato un paio di volte, in questi anni, è un copione già letto, un atteggiamento conosciuto anche se, non come in questo caso, solitamente appena accennato, quasi sottaciuto.

Il tipo in questione, una vera rarità, invece "delirava" con veemenza, e a suo modo argomentava. Ritengo in verità, che fosse un comportamento autoctono, per intenderci non era il portavoce "ufficiale"di nessuno. Penso che valga la pena, comunque, fare una considerazione al riguardo.

Ora, per chi ha la possibilità di frequentarmi, giusto un pochino, o di conoscere anche marginalmente la realtà che rappresento, o di visitare semplicemente, en passant, la pagina delle attività del sito dell'associazione che rappresento, ha la assoluta consapevolezza, che nessuna attività agonistica di qualsivoglia specialità o natura, fino ad oggi, ci qualifica.

Si può quindi, anche immaginare, con quale serenità e con quanta "goliardica attenzione"si sia svolto l'incontro, io adoro. l'antropologia!

Quello di cui noi ci occupiamo, ed è palese, si realizza con motivazioni e impegni tipici dell'associazionismo, quello impegnato, che soddisfa con propria perizia i bisogni del territorio, da quelli sociali a quelli della formazione, del miglioramento della qualità della vita e dell' individuo. L'associazionismo che "sposta le montagne", è quello della solidarietà, della beneficenza laicamente intesa, che si realizza soprattutto con l'unicità di intenti, dei soci dell'associazione, (nel perseguire con tenacia e passione questi obbiettivi) di concerto con altre associazioni, che svolgono lo stesso ruolo con lo stesso intento, tutti accomunati da un sentimento costruttivo di comunione/condivisione.

Quest'ultimo aspetto, riteniamo, assuma per forma e sostanza, un valore aggiunto di eccezionale importanza. Nella forma, i percorsi condivisi da più soggetti associativi, permettono, un arricchimento personale che trova nell'interscambio di idee, esperienze, impegni operativi diversificati, di crescere in un ambiente moralmente ed esclusivamente solidale che si concretizza in scelte operative comuni, di mutua e disinteressata assistenza, destinate al miglioramento del territorio e della persona.

Nella sostanza, si ha la possibilità di razionalizzare le risorse disponibili, sia umane che economiche con benefici, altrimenti non conseguibili.

Ovviamente, tutto questo porta l'associato, il volontario, ad avere un fiero, gratificante senso di appartenenza all'azione sociale, quindi all'idea che diventa progetto, che è di beneficio per il territorio e le persone, attraverso l'associazione, che in concorso con altre, ne è strumento per la realizzazione.

Questi i fatti, questa l'azione da noi concepita e voluta, alla quale mai mancherà il nostro sostegno. Queste le considerazioni, questa la scelta: l'etica che si concretizza nell'efficienza operativa. In questo contesto, l'unico possibile, ha senso coltivare il proprio piccolo orticello, fregandosene bellamente dei frutti altrimenti producibili, andando fieri della vanga, lo strumento?

Non ha più senso pensare che la vanga, diversamente concepita, può diventare .aratro?

Ha senso esternare un senso dell'appartenenza, una fede da "fossa dei leoni" un tifo da curva sud? E' corretto tifare per uno o l'altro dei soggetti, in questo caso certamente non coordinati, che giocano in campi diversi, in modo diverso, con obbiettivi diversi, ma tutti comunque finalizzati a soddisfare i bisogni del territorio?

Ed il mancato raggiungimento di un obbiettivo, la sconfitta di uno, può essere intesa come la vittoria dell'altro? Da dove si traggono nella realtà dei fatti, o in questi contesti (volutamente sul bucolico-calcistico, per. miglior comprensione ovviamente) le considerazioni , le motivazioni e gli impegni tipici dell'azione agonistica?

Personalmente non vedo possibilità di confusione alcuna.

Dal punto di vista strettamente subacqueo, il tale, disquisiva (sparlava) di erogatori in grado di affrontare acque gelide e inquinate (pare che questi sub ambiscano a fare immersioni in tali condizioni), di G.A.V. in grado di permettere a tutti l'assetto perfetto, a 200 metri e con 200 kg di bombole, (tutti profondisti e primatisti...stì tipi) indipendentemente dal grado di abilità del fruitore, e dal Q.I. - ovviamente. Questo è tutto.

Una ulteriore, ultima riflessione, però, sento di doverla fare, non riesco proprio ad esimermi.

L'antagonismo a SUB AQUA, la "provocazione" che ha ispirato questo mio intervento, nasce da un' aspetto della "crescita culturale della persona", che chiameremo di transizione, non ancora superato, sopito, nel quale l'impegno per il sociale, per le persone, per l'ambiente mare, non sono evidentemente sufficienti da sole a gratificare il "personaggio", se non integrate (più o meno inconsapevolmente) ed artificiosamente "arricchite" da un concetto a lui più gratificante, che richiama la vittoria, la competizione.

Il "vincitore", infatti, a differenza degli altri partecipanti, molto meno modestamente, appare, si svela a tutti, è famoso ed acclamato, è riconosciuto, in qualche modo è leader.

Perché ci si "inventa" tutto ciò?

Per il desiderio di "essere qualcuno", almeno all'esterno del proprio gruppo di appartenenza, proprio perché in quello si è semplicemente parte di un "sistema funzionale, di un gruppo di lavoro. Si è al pari di altri o ."sottilmente" sotto ad altri, a seconda i casi, e si assume un comportamento finalizzato a gratificare se stessi, solo ed esclusivamente attraverso la gratificazione del leader. (gratificazione indiretta).

Oppure, più semplicemente, come direbbe un mio conoscente, . fanno attività associativa e subacquea per colmare vuoti esistenziali, provare inconsapevolmente a risolvere frustrazioni laceranti, insoddisfatti delle loro vite personali, professionali sociali e molto spesso.sessuali.

Noi al contrario, che amiamo e rispettiamo le persone ed il mare, con semplicità, con modestia e pazienza, sappiamo in quale contesto si compete, in che modo e soprattutto con chi.

Anni precedenti

Qui è disponibile una raccolta dei testi apparsi negli anni precedenti su queste pagine.

Le prefazioni sono a cura di Lucio Meldolesi.

La mia esperienza


La Subacquea vissuta in “SUB AQUA”, nei primi mesi, quelli ormai “storici”, nei quali tutti i Soci Fondatori, e Vale fra questi, si sono impegnati con passione e tenacia, rendendo possibile ed entusiasmante questa nostra avventura.
La frase sulla nostra Home page, epigrafe della nostra Associazione è dovuta a chi come Valentina, oggi brava ed impegnata subacquea, da sempre cara e sincera amica, ha voluto e saputo “costruire” avendo il mare negli occhi, il sale sulla pelle, il sorriso sulle labbra.

Difficile per una ragazza come me, neofita delle tecniche subacquee, presentare in maniera adeguata gli intenti di questo neonato centro subacqueo.

Magari con un po' di conoscenze in più ci sarei riuscita meglio, è da poco, infatti che mi dedico a questa disciplina sportivoricreativa e l'unico modo che ho per il momento di descriverla è quello di farlo con il cuore.

Devo dire che i miei primi passi, quelli di “assestamento”, sono stati duri, incerti per alcuni tratti ombrosi; ma sicuramente quello che si respirava nell'aria era una grande passione d'intenti, lucidità per gli obiettivi prefissati e tanta.

Tanta allegria. Ho visto un gruppo unito, compatto, rispettoso delle singole individualità; ho visto persone che amano quello che fanno, che hanno il mare nel cuore, negli occhi; che lo sentono fin dentro l'ultimo strato della loro pelle.

Il mare, un ambiente da conoscere in maniera approfondita e costruttiva, una “scoperta” che ci arricchisce di esperienze nuove, gratificanti.

Un mondo nuovo, che ci parla attraverso le sue icone, un simbolo eccellente della natura “madre” luogo di sconfinata bellezza, minuetto di sensazioni, emozioni, contrasti, stati d'animo.

Tanto di questo potrà sembrare retorico, sensazionalistico, potrà far sembrare la realtà più edulcorata di quello che ., ma credetemi quanto ho scritto, è quello che traspare da questo gruppo, si capta nell'aria la voglia di andare avanti, di catturare quel centimetro in più che rende soddisfatto chi ha lottato per conquistarlo.

Retorica a parte.

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Apnea perchè?


Una Attività così intensamente emozionale, che coinvolge “l'UOMO” nella sua complessità psicofisica in rispettosa simbiosi con l'elemento mare, con le sue profondità e la vita che ospita, trattata da un appassionato, agonista da sempre.
L'amico “Antonello” che da molti anni conosciamo e stimiamo, è di questa attività nella nostra Associazione, è stato Direttore Tecnico; giornalista attento e sensibile verso tutti gli aspetti che questa entusiasmante disciplina offre: l'APNEA.

Apnea, perchè per i tempi di una subacquea ipertecnologica e superaccessoriata, è un ritorno alla semplicità.

Come un tornare alle origini, a quell'atavico istinto che ha spinto l'uomo, cacciatore, a immergersi per la sopravvivenza.

Apnea, dunque, come semplicità.

Il ritrovarsi a contatto del mare contando unicamente sulle proprie risorse psico-fisiche.

Apnea come filosofia di vita.

Apnea come poesia.

Senza nulla togliere alle didattiche A.R., che hanno avuto il grande pregio di consentire ad un numero sempre crescente di persone di esplorare i fondali marini, sta diffondendosi un modo nuovo di confrontarsi con il mare, e, perchè no, con il proprio Io.

Apnea, dunque, non più intesa come improvvisazione, ma come scuola di pensiero, che vede il sub tecnicamente preparato e conscio delle problematiche connesse ad un tipo immersione in cui, volutamente, le funzioni respiratorie sono temporaneamente inibite.

Le sfide con gli abissi marini: l'uomo e il palombaro (1950 - Raimondo Bucher, che per primo raggiunse i -30 metri togliendo dalle mani del palombaro il plico sigillato contenente la pergamena della sfida), la soglia dei -50 metri (1961 - Enzo Maiorca che supera la fatidica soglio oltre la quale si riteneva che la cassa toracica implodesse inesorabilmente), il muro dei - 100 metri (1976 - Jaques Mayol che nell'entusiasmante sfida a distanza con l'italiano Maiorca supera questa quota), frutto del temperamento e della forza fisica di campioni, fanno ormai parte di un recente passato che sembra lontano anni luce.

Oggi l'immersione in apnea ha una propria didattica che ha, come obiettivo prioritario, quello di formare l'uomo subacqueo attraverso lo sviluppo delle sua capacità e il miglioramento della preparazione fisica e mentale, allo scopo di raggiungere la massima sicurezza in acqua.

Ed andar sott'acqua (in apnea), oggi, deve intendersi come il sapersi adattare alle nuove condizioni psico-fisiche, che scaturiscono da stimoli e reazioni differenti rispetto a quelli che si provano nella quotidianità.

Star bene sott'acqua, quindi, e senza mai perdere di vista il fattore fondamentale della sicurezza.

L'apnea non può che essere sinonimo di salute fisica e mentale.

Non a caso, i campioni di questa disciplina (espressione estrema dello sport “No-limits”), legano le loro performance non più, esclusivamente, a faticosi allenamento fisici, ma anche alle filosofie orientali dello Yoga, del Pranajama o alla tecnica occidentali del Training Autogeno.

Ma, se l'apnea estrema, è affermazione del singolo, il successo di discipline ad essa legate testimonia quanto sia sentito il bisogno di un nuovo approccio verso il mare.

A partire dallo snorkeling, primo “timido” tentativo, riservato soprattutto a giovani allievi, di scoprire i segreti del mondo sommerso, per continuare con i gradi di specializzazione, fino a concludersi con la pesca subacquea.

Apnea, quindi, non più come una sfida estrema di uomini eccezionali, ma come possibilità, offerta a tutti di vivere il mondo marino da una prospettiva diversa da quella data da una litorale più o meno affollato o da un'imbarcazione.

Apnea, quindi, come avventura sommersa in cui ritrovare se stessi.

Apnea, quindi, come improbabile, quanto suggestivo, ritorno al grembo materno.

...di Antonio Mancuso.

Associazionismo, ricerca e ambiente: la posidonia oceanica


Una presentazione che risulta difficile...per 3 motivi:
  1. E' un tema a cui personalmente tengo moltissimo, sul quale “fantasticavamo” da tempo, un progetto di ricerca ambientale, che riguarda la nostra Regione, una gratificante opportunità per i Volontari dell'Associazione che rappresento, ideato e concretizzato da una grande Istituzione, operante sul territorio: l'Università della Calabria.
  2. Non è certamente semplice trattare un progetto così complesso, nel poco spazio disponibile, in modo semplice e per il variegato mondo dei subacquei, anche ambientalisti impegnati.
  3. ...perchè è scritta da...me.

Per noi di SUB AQUA, e certamente per l'universo ambientalista che su obiettivi anche diversi, comunque funzionali, è impegnato in attività di promozione e salvaguardia, è strategicamente determinante l'acquisizione di dati ambientali, rilevati da studi scientifici, ottenuti utilizzando protocolli di ricerca accurati e selettivi.

Come Associazione subacquea impegnata in attività di volontariato ambientale concretizziamo il nostro sostegno, offrendo supporto logistico subacqueo, gratificati che tanto serva ad un programma di ricerca, unico riteniamo, per completezza, ideato e sviluppato dall'Università degli Studi della Calabria di Arcavacata di Rende (CS): il programma di ricerca MEMOBIOMAR.

Il responsabile del progetto Prof. Nino Russo, di concerto con i dipartimenti di Botanica - Responsabile Prof.ssa A.M. Innocenti con il gruppo di lavoro di Zoologia - Responsabile: Prof. S. Tripepi e di Anatomia Comparata - Responsabile: Prof. M. Canonaco, è impegnato, per il terzo anno consecutivo, nella realizzazione di questo programma di Ricerca Scientifica sicuramente pluri articolato.

Un aspetto della ricerca,(e solo su questo ci soffermeremo, per ora) riguarda il monitoraggio lungo le coste del Tirreno cosentino, della fanerogama marina Posidonia oceanica (L) Delile, pianta marina che vive esclusivamente nel mar Mediterraneo, ottima produttrice di ossigeno e che riveste una straordinaria importanza per l'equilibrio ecologico dei fondali infralitorali mediterranei, una fonte di cibo diretta e indiretta per numerosi organismi, un ambiente ideale per la vita di numerose specie animali. Le specie residenti trascorrono l'intero ciclo vitale all'interno della prateria , le migratorie vi si trasferiscono da ambienti circostanti soltanto in relazione alla ricerca di cibo, di un riparo o per la riproduzione, una sicura protezione per gli avannotti, un sicuro rifugio per numerose specie anche di notevole importanza economica (cefalopodi crostacei pesci).

La prateria di Posidonia, svolge anche un ruolo fondamentale sulla sedimentazione litorale, spesso infatti, modifica il sedimento originario.

Questo fenomeno è dovuto alla duplice azione che le foglie viventi esercitano sia sul particolato (sospensione) che viene catturato ed imbrigliato tra i rizzomi della pianta, sia su onde e correnti la cui intensità viene notevolmente ridotta, la matte rappresenta in oltre una struttura che può assorbire una parte dell'energia delle onde, è evidente, quindi, come le praterie esercitino una importante opera naturale di contenimento e di protezione delle coste dall'azione erosiva del moto ondoso.

I parametri analizzati, sono innovativi ed hanno lo scopo di identificare marcatori ambientali per discriminare i siti ben conservati da quelli disturbati.

Non esistendo ad oggi indicazioni complete riguardo la distribuzione e lo stato di salute delle praterie di Posidonia presenti sul litorale calabro, è particolarmente interessante il monitoraggio programmato da Unical-Cosenza, sia per le peculiarità naturalistiche del litorale che per il disturbo antropico, (dovuto quindi ad attività umane di disturbo) che si suppone possa verificarsi soprattutto nel periodo estivo. Tanto, malgrado il progetto abbia avuto intoppi burocratici e finanziario amministrativi, ha già permesso di evidenziare con i prelievi effettuati in due periodi, (autunnale e primaverile) alcune differenze tra praterie dislocate lungo un gradiente di disturbo e praterie insediate su substrati diversi (roccia e sabbia) con differenze apprezzabili sia legate al substrato che al disturbo antropico.

Una occasione di conoscenza dell'ambiente marino, quindi, che da più parti si auspicava, finalmente concreta, dando a quanti, come noi di SUB AQUA fattivamente impegnati, la possibilità per sperare nella strutturazione di nuovi strumenti necessari alle opere di promozione e salvaguardia ambientale.